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10 Feb

La formazione sostenibile: da tre in su

Formazione sostenibile: da 3 in suQuesto è il quarto articolo del ciclo che mette in luce l’utilità dei riferimenti alla Teoria dei Sistemi per costruire una formazione sostenibile (e non solo volta a operare nelle aree della sostenibilità) e una formazione che formi.

Trovate gli articoli precedenti qui:

  1. La Sistemica per la Sostenibilità” su ecologia e di complessità
  2. La formazione sostenibile: primi riferimenti” alcuni parametri per una Formazione sostenibile
  3. La formazione sostenibile: io riempio un bicchier d’acqua” sulla circolarità del sistema

Soggettivamente oggettivo, oggettivamente soggettivo

Datevi pace: non esiste quella che comunemente definiamo “osservazione oggettiva”: le peculiari qualità dell’osservatore danno forma a ciò che viene osservato, perché se osserviamo qualcosa, dobbiamo per forza usare un modo per osservarlo e questo modo ha a che fare con noi e con le nostre scelte, consapevoli e non.

Nel momento in cui osserviamo un sistema, ne facciamo parte e quindi non siamo esterni.

Inoltre ogni osservatore osserva con le proprie modalità, la propria esperienza, la propria sensibilità, la propria definizione degli obiettivi (anche se comuni e condivisi con altri, sono i “propri”) quindi raccoglie dati diversi dalla medesima situazione: lo stesso gruppo, lo stesso ufficio o lo stesso collaboratore non solo non è lo stesso, ma non viene neppure descritto nello stesso modo da persone diverse.

Quindi le nostre letture sono ipotesi da verificare e non interpretazioni vere e immutabili.

L’ipotesi può essere definita plausibile, ma -come le convinzioni- non è mai né vera né falsa.

Pensate a cosa accade in tutti i processi di un progetto e un intervento formativo, se ci manteniamo coerenti a questi criteri…

E pensate a quanto può essere meno adempimento formale e più ricca una valutazione a fine corso, se la improntiamo a questi criteri…

Siamo tutti interni al sistema osservato

Non esistono “osservatori esterni” in senso stretto: il sistema è composto da osservatore ed elementi osservati e ogni sistema può esser “letto” in maniera differente da parte di ogni osservatore diverso, poiché diverse sono le sue relazioni entro il sistema.

Ecco perché, con certi docenti o certi dirigenti, il gruppo o il reparto non sembra più lo stesso.

Ecco perché, con certi insegnanti, una classe o un allievo non sembrano più gli stessi.

Ed ecco perché la tanto ricercata “oggettività” è più una questione di “condivisione” e di “pluralità di vedute” che di “esternalità”.

Anche noi come lavoratori, amici, familiari, soci di un club siamo interni alle dinamiche dell’azienda, gruppo di amici, famiglia, club, perciò possiamo chiederci in che modo abbiamo contribuito o stiamo contribuendo a creare la situazione così com’è e cosa possiamo fare, noi per primi, di diverso per ottenere una situazione migliore.

La questione non è se “sono i colleghi (o il mercato)” a essere “sbagliati”, né che sia “nostro dovere” fare noi qualcosa o farlo per primi: in un sistema la parte più evoluta, più consapevole, più professionale, più ricca di risorse è quella capace di gestire le dinamiche di cambiamento.

E per questo motivo questa parte diventa la detentrice della leadership, indipendentemente dal ruolo che ricopre legalmente.

Risposte e comportamenti vanno sempre considerati in relazione alle risposte e comportamenti degli altri; ogni comportamento è una risposta; disagi, conflittualità e sintomi del gruppo o dei singoli che ne fanno parte sono comportamenti, quindi risposte, messaggi, comunicazioni.

Il “consolatore dell’ufficio” lo è appunto in relazione a quei colleghi, compiti, situazione personale e professionale ecc.: lega tutti questi elementi assieme a se stesso e risponde così, consolando.

Due soli punti non bastano

Caratteristica dei sistemi che funzionano bene è la flessibilità, riscontrabile soprattutto in una pluralità di punti di vista, credenze, valori, opzioni, modalità di intervento, non necessariamente condivise dagli altri, ma tutte riconosciute e paritarie.

In una visione lineare di due uffici o due reparti di un’azienda (o di un Ente di formazione) o dei venditori rispetto ai clienti, abbiamo troppo spesso solo due punteggiature (entrambi sostengono: io “ragione”, tu “torto” oppure io “vittima”, tu “causa”).

Polarizzare la descrizione di un contesto, di una relazione, di una dinamica è una scelta sempre insufficiente per la comprensione e per l’intervento, perché impoverisce, riduce e limita: pessimo punto di partenza per la Formazione.

Da tre in su

Incastrarsi in un dilemma (…o…o…) non è mai utile ed è sempre riduttivo.

Le punteggiature devono essere sempre almeno tre, mai di meno.

In una visione sistemica infatti l’osservatore -nel nostro caso il formatore- rileva la connessione “circolare” tra queste due descrizioni, dando spazio a una pluralità di punteggiature in cui non ci sono ragione e torto, causa e vittima, ma scelte, dinamiche, opportunità, relazioni, metodi per lavorare e collaborare, modi differenti di impostare e svolgere attività, obiettivi, cornici di significato.

…e…e…e…

Questo è il fondamento per forme di attività condivisa e collaborativa.

Formazione e flessibilità

Quando un sistema è flessibile, ogni componente si considera compartecipe di ciò che avviene e il sistema tende a produrre sempre maggiore flessibilità, pluralità e circolarità.

Il formatore non ha la verità in tasca, né può interpretare e codificare ciò che avviene, dando una lettura univoca del fenomeno che sta osservando, in una visione anch’essa polarizzata e non flessibile.

Ovvio che il formatore si avvale della sua esperienza, che gli permette di notare una serie di caratteristiche in quella specifica situazione, che però non “incasella” in uno schema preconfezionato.

Questo aspetto importantissimo implica due risvolti ancor più importanti:

1. Incasellare, dare letture univoche e polarizzare una situazione peggiora nettamente la qualità del lavoro e delle relazioni esterne; l’Ente diventa l’esempio di ciò che un’impresa, un’azienda, un venditore o un cliente NON devono fare.
2. Una delle principali funzioni della Formazione è proprio quella di ampliare spazi e mentalità, di rendere le persone più aperte alle esperienze, all’apprendimento, al cambiamento, di rendere persone e organizzazioni più responsabili e attive e meno dipendenti da eventi “esterni”.

Ciò è possibile solo se chi forma non cade nella stessa limitazione…

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