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Apprendimento: tutto è utile a chi lo sa usare

Apprendimento: tutto è utile a chi lo sa usare

Molto più di quanto ne siamo consapevoli, l’apprendimento è alla base della nostra vita personale e professionale, in ogni momento.

Concludiamo il ciclo con questo quarto e ultimo articolo.

Ecco anche i primi tre, che trovate già pubblicati qui:

  1. La Formazione è apprendimento
  2. Apprendimento, l’importanza degli scambi sociali
  3. Apprendimento teoricopratico

Partiamo da chi sta apprendendo

Se guardate il panorama tra stampa e web sui temi dell’apprendimento nell’ambito della Formazione, vi accorgerete che esiste una sorta di “gara” a chi offre un metodo più pratico, più semplice, più veloce, più facile, più immediatamente utilizzabile…

Si dà per scontato che tutte le persone che apprendono, o almeno la grande maggioranza, siano così, sostanzialmente dei superficiali, frettolosi, in grado di ingerire solo omogeneizzati.

E poi non si entra mai nel dettaglio dei meccanismi basilari che ciascuno impiega per apprendere, sul miglioramento dei quali invece si dovrebbe lavorare.

Ci sono molti utenti della Formazione perfettamente in grado di servirsi e di rendere utile qualunque spunto, qualunque proposta di apprendimento venga loro presentata, a prescindere dalla modalità più o meno adatta, più o meno meditata, più o meno profonda e vantaggiosa; e perfettamente in grado di trasformare qualunque input in qualcosa su cui riflettere e da sperimentare…

Insomma, un apprendimento!!!

Questo è l’obiettivo che la Formazione (e prima di lei la Scuola) deve porsi: senza questo obiettivo importante, l’importanza dell’Apprendimento e della Formazione decadono. Questo è l’ideale da tenere presente e a cui ispirarsi.

Sì, forse non tutti lo raggiungeranno; molti lavoratori approcciano le attività formative a fronte di una motivazione tiepida e di esperienze di apprendimento alquanto modeste, non per questioni di loro incapacità bensì di mancato sviluppo di un metodo proficuo e di un’esperienza scolastica che non è risultata per loro arricchente.

Area estremamente vasta e complessa, che non può certo essere analizzata in un articolo.

Il riduzionismo degli obiettivi

E, siccome sappiamo che molte persone hanno poca dimestichezza con i processi di apprendimento, molti Formatori finiscono per porsi obiettivi più modesti e “pratici”.

Attenzione a questa scelta!

Partire con un obiettivo circoscritto e limitato è assai utile, se lo scopo è quello di partire da dove si trova chi sta cominciando ad apprendere.

Abbassare l’asticella però non aiuterà nessuno a imparare a saltare, se ci si limita a questo.

Anzi, accadrà il contrario.

Quella di apprendere è una capacità come tutte le altre, come quella di camminare, di usare le posate, di interagire con un cliente, di creare un progetto formativo, di gestire un’azienda: tutte vanno allenate, con gradualità e costanza.

E con conoscenza del processo nel quale operiamo.

Partiamo da un obiettivo minimo, ma concepiamolo come primo gradino di un’escalation.

Come Formatori, potremmo essere chiamati anche a fare i “riabilitatori” delle capacità di apprendimento, ma non certo ad accontentarci di una trasmissione “formale” di concetti e prescrizioni, con l’idea sottesa “se io passo una serie di informazioni utilizzando al meglio gli strumenti tecnologici disponibili, la mia parte è fatta e il resto segue e non dipende da me” …

Abbiamo visto anni fa attività formative nelle quali venivano proposti due film interi (uno al mattino e uno al pomeriggio) seguiti ciascuno dal relativo questionario, perché “tanto di più non saprebbero fare.” “E altrimenti come li posso tenere in aula 8 ore?”

Ovvio che qui molte cose non hanno funzionato, a partire da come è stato concepito il progetto.

Le scelte del docente sono solo l’ultimo anello di questa malconcia catena.

Quindi poco importa da quale livello partiamo, ciò che conta davvero è che vi siano un’evoluzione e un miglioramento sia relativamente al contenuto, sia relativamente alle capacità di apprenderlo e gestirlo!

L’apprendimento e la formazione a distanza

Intanto occorre distinguere tra un’attività on line differita nel tempo e una svolta in diretta.

In quella differita, tutto viene creato e predisposto in anticipo e viene pre-confezionato.

Anche qui possiamo (dobbiamo!) dare cura e attenzione alla relazione con chi usufruirà del nostro “prodotto” e al suo processo di apprendimento.

Come formatori, ci mancherà completamente però il polso della situazione, quel feedback immediato che ci consente di personalizzare, proprio per quelle persone e per quello specifico contesto, ciò che stiamo facendo.

Se poi il tema è, per esempio, “interagire col cliente” o “lavorare in gruppo”, come potranno i partecipanti sperimentare le modalità del gruppo o del colloquio col cliente, se sono soli individualmente davanti a un pc e per di più in un momento diverso gli uni dagli altri?

Certo, come nel cinema, possono esistere bellissimi film e cattivi film, ma verranno a mancare la relazione interpersonale, la percezione del clima, la collaborazione, il riconoscimento di convinzioni limitanti che rendono arduo apprendere, la facilitazione verso un’apertura mentale e tutto quanto indispensabile per una Formazione che forma.

Molto contenuto, minima relazione e minimo apprendimento.

Se l’attività on line si svolge in diretta, alcuni di questi elementi possono, almeno in parte, essere percepiti e gestiti.

Il pc resta però pur sempre un forte filtro distanziante, attraverso il quale veicolare apprendimenti e modalità per apprendere.

Un po’ come progettare lo sviluppo del tatto, creando sperimentazioni che prevedano di indossare spessi guanti, o credere di riuscire a vedere anche i più minuti particolari, pur guardando attraverso una tenda ben poco trasparente…

In ogni caso i dispositivi tecnologici di cui possiamo servirci vanno utilizzati al meglio delle loro possibilità, così potremo sfruttare i vantaggi che ci offrono.

L’apprendimento e la formazione in presenza

Le attività in presenza consentono una cura e una serie di attenzioni che possono raggiungere livelli di raffinatezza e di eleganza molto sottili.

Possiamo lavorare contemporaneamente con comportamenti, abilità, convinzioni, valori, sistema identitario, stati emotivi: non perché di moda o prioritari rispetto al resto, bensì come contesto non fisico attraverso il quale si propaga ciò che è oggetto dell’attività formativa. E non come trucco (“basta un poco di zucchero e la pillola va giù…”), ma come interazione fondamentale e primaria tra ciò che si apprende, chi apprende e chi offre l’apprendimento: tre vertici del triangolo, che non potrà mai essere tale se di vertice ne ha solo uno o due…

Ovviamente questo ha senso se tutti gli operatori che sono coinvolti nell’attività formativa in questione sono interessati, si impegnano e collaborano strettamente. Spesso ciò che manca è proprio un lavoro periodico di formazione formatori…

E poiché gli strumenti digitali offrono risorse, impensabili solo una decina di anni fa, possono essere agevolmente inseriti e utilizzati.

Come sempre il modello utile non è quello di esclusione e opposizione, che limita le possibilità, le risorse e poi anche le menti, bensì il modello ricco di associazione, congruenza e integrazione.

Non schieramenti ma collaborazioni!

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