Tutta l’esperienza accumulata è il risultato dell’apprendimento consapevole e inconsapevole fatto negli anni.
Nelle organizzazioni (dall’Azienda alla Scuola) l’apprendimento si realizza tramite scambi “sociali”: noi operiamo continue conversioni tra conoscenza tacita e conoscenza esplicita.
Ecco il terzo articolo del ciclo incentrato sull’apprendimento, che è contemporaneamente teorico e pratico.
Modelli per apprendere
Troppo spesso viene dato un po’ per scontato il “come” impariamo, considerato tendenzialmente fuori dall’area di chi insegna e legato ad abilità personali di cui siamo più o meno “dotati”.
Per apprendere, tutti noi seguiamo comunque dei modelli, che però ci sono per lo più ignoti, quindi lo facciamo soprattutto in modo inconsapevole e automatico.
Per apprendere con efficacia è invece importante e prioritario migliorare il nostro sistema di ricezione dell’informazione.
Molte delle nostre prestazioni, dalle più scontate come camminare alle più sofisticate come gestire efficacemente un gruppo aziendale, vengono raggiunte in buona parte in automatico.
Secondo numerose ricerche, pare possano essere il 90% di ciò che facciamo.
In realtà agire e reagire in automatico non è accidentale: quel tipo di intuizione su cosa fare e come questa intuizione ci arriva è ben impresso come programma nella nostra mente. Tendiamo a servirci di ciò che sappiamo già, di modalità abituali di agire, reagire e scegliere legati ad automatismi innescati che, in un certo momento, si sono instaurati per rispondere alle istanze del contesto.
Non verifichiamo se ora, in questo contesto, quelle modalità e quello schema sono efficaci.
Apprendimento: modello teoricopratico
L’apprendimento si realizza sempre tramite una sequenza a spirale uguale per tutti, indipendentemente dalle modalità individuali con cui ciascuno impara e indipendentemente dai contenuti e dai contesti nei quali impariamo. Il percorso si snoda così:
1. Esperienza
2. Feedback
3. Generalizzazione/teorizzazione
4. Proiezione futura
5. Di nuovo esperienza e il ciclo riparte!
Tutti funzioniamo così: partiamo dall’esperienza per tornare all’esperienza.
Questo vale sia per i contenuti che consideriamo pratici sia per i contenuti che consideriamo teorici: in realtà ogni contenuto è sempre e comunque un mix non separabile di entrambi perché nessuno dei due potrebbe esistere senza l’altro.
1) L’esperienza è ciò con cui abbiamo a che fare adesso, mentre siamo di fronte a un nuovo software che dobbiamo imparare a usare, o a una lezione di storia o di matematica, ad alcuni elementi base per sviluppare la leadership o per parlare in pubblico o per far compilare il nuovo modulo all’utente… Comprende ciò che si sta o è stato sperimentato, convinzioni che si sono formate in seguito agli esperimenti, teorizzazioni e apprendimenti precedenti, motivazione e necessità di utilizzare questo certo apprendimento.
L’esperienza può essere “ho sete e bevo dell’acqua per dissetarmi” e può essere “sto in un gruppo e sono molto interessato a essere per tutti un punto di riferimento e una risorsa utile a mantenere la direzione”.
2) Il feedback comprende l’analisi dei dati ricavati dall’esperienza fatta: quali le differenze e le somiglianze rispetto a esperienze precedenti e attese, quali informazioni ricavo dall’esperienza di apprendimento in cui mi sto impegnando.
Il feedback non è mai un’opinione o un’interpretazione, un giudizio che definisco, ma è costituito dalle informazioni che ricavo tramite i miei 5 sensi: ciò che vedo, ascolto, provo, mi dico… Osservazioni che qualcuno tende a definire “oggettive” ma che sono molto più correttamente “sensorialmente basate”.
Quest’acqua che ho bevuto è sufficiente (o no) a dissetarmi, è fresca (o imbevibile), ha un ottimo sapore (o no), migliore dell’altra bevuta ieri… il gruppo mi saluta ogni volta che cominciamo la riunione, si rivolge a me spesso e con gentilezza…quando arrivo io tutti si defilano e si mostrano impegnati in qualcosa…
3) La generalizzazione-teorizzazione è il processo che conduce dall’esperienza fatta e dalla sua analisi fino a una enunciazione generale, una regola d’azione e di pensiero, da “tenere in archivio” come guida per affrontare il futuro.
L’acqua resta la migliore bevanda per dissetarsi; quest’acqua è particolarmente buona/cattiva; quando avrò sete, cercherò ancora/non prenderò più questa marca di acqua… Il leader è colui che si relaziona con le persone, non colui che esercita il potere; quando inizio la riunione devo dare attenzione individuale a tutti i partecipanti invece di entrare subito in argomento…Devo essere in uno stato emotivo di disponibilità e risorsa e non di nervosismo e fretta…
Possiamo teorizzare a livelli più o meno “generalizzanti”.
4) La proiezione futura comprende le ipotesi/scenari su quando e come la competenza appresa potrà essere utilizzata ed è come una prova generale, una “anteprima di stampa”; rafforza l’apprendimento e nello stesso tempo permette di valutare cosa, come e quanto si è appreso finora.
Quale scenario mi rappresento del prossimo momento in cui avrò necessità di bere, avendo imparato queste cose sull’acqua? Quale scenario mi rappresento sull’inizio della prossima riunione col gruppo, in cui metto in pratica i concetti appresi e l’esperienza raccolta? Scenari ricchi di elementi, non scarni!
Uno scenario è utile se rappresenta una situazione nella sua ampiezza e complessità, se è un sistema e non una catena lineare, meccanica e predefinita di eventi, fatti e considerazioni.
Nel mio scenario da assetato o da leader, devo includere alternative: se bevo troppo? Se non trovo quella marca di acqua? Se per la riunione abbiamo solo 5 minuti? Se qualcuno è assente? Se obietta di continuo?
Ipotesi, non previsioni irrigidite.
5) Si riparte! La messa in atto, la sperimentazione della nostra proiezione futura diventa l’esperienza iniziale, da cui la spirale prosegue, prendendo un nuovo avvio.
E ciò vale per ogni esperienza e ogni argomento/materiale da apprendere/insegnare.
…Facciamo una riflessione su come negli anni abbiamo imparato il nostro lavoro…
L’allenamento
Questo modello comprende già l’allenamento “concreto”: la proiezione futura infatti ci serve da interfaccia tra la teorizzazione e la pratica.
Ci consente di verificare quanto sia congruente il processo di apprendimento, quanto sia presente un esame di realtà, quanto sia ricco e flessibile lo scenario.
Tutte le fasi sono importanti, ma tra queste la proiezione futura è quella meno nota e meno curata; peccato, perché è quella che funziona da raccordo tra pensiero e azione, che consente un utile monitoraggio del processo e che svolge anche un ruolo di traino motivante.
Formazione è accompagnare ogni fase
Come Formatore, quando progetto e preparo un’azione, devo anche prevedere delle forme di accompagnamento per ciascuna fase descritta.
Può capitare qualche utente/partecipante che se la sappia già cavare bene da solo, ma nella maggior parte dei casi non è così, a volte anche per chi possieda titoli importanti.
In qualche modo tutti apprendiamo, ma con quale fatica, con quali risultati e con quali effetti a cascata è diverso per ognuno e ottenere un risultato può costarci un impegno arduo, in alcuni casi scoraggiante.
Pensate al problema dell’abbandono degli studi per la Scuola, ma anche molte difficoltà sul lavoro sono causate da un metodo di apprendimento farraginoso; così basta un piccolo cambiamento, una modesta novità per mettere in crisi un lavoratore e suscitare in lui una serie di reazioni che comporteranno un arroccamento e un impoverimento invece della crescita auspicata.
Certo, la cura per l’apprendimento è solo un tassello, ma il mondo della Formazione ha molto potere di scelta su questo aspetto, molto di più che sulle crisi economiche, le altalene dei successi aziendali e la ricerca.
Quindi vale la pena di occuparsene…