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Formazione sostenibile: la voce che forma

Voce che forma

Voce che formaIl nostro percorso di approfondimento sul ruolo di una formazione che sia sostenibile prosegue: siamo partiti dai criteri per scegliere la formazione; abbiamo proseguito con il rapporto tra formazione e cliente; una serie di distinzioni sull’attenzione; uno spazio verso la Scuola.

In questo quinto articolo esploriamo le caratteristiche e l’importanza della voce che forma.

Ci avvaliamo del contributo di Annamaria Colombo, creatrice di #Voceprofessionale®, esperta in formazione della voce, logopedista e membro della Società di Pedagogia Medica.

Il ruolo della voce nella formazione

«La voce affascina da sempre; difficile da comprendere nei suoi meccanismi fisiologici fino a pochissimi anni fa, sostiene col suono la parola umana rendendola udibile e comprensibile, è stata ed è oggetto di studi intensi da parte di moltissime discipline scientifiche e umanistiche.

Essa resta lo strumento principe della formazione in presenza anche nell’era digitale, e la continua ricerca di una voce “unica e riconoscibile” in campo artistico e televisivo ne conferma il potere insostituibile in ambito comunicativo, didattico, aziendale oltre che artistico e nelle relazioni di aiuto…

La velocità con cui le conoscenze evolvono e si trasformano, si sostituiscono e si integrano, richiede a chi è inserito nel processo lavorativo una continua disponibilità ad apprendere e a trasformarsi, restando sempre aperto a nuovi momenti e contenuti formativi. Chi propone formazione si confronta perciò con uditori e contesti sempre più ricchi di variabilità e complessità nei quali la voce supporta e spesso guida molti metaprocessi comunicativo-relazionali.

La potenza con cui questa “magia” si manifesta è consentita dalla rapidità e dall’immediatezza con le quali l’emissione “affascina e convince” fin dai primi minuti.

La capacità di usare la voce

Durante una sessione formativa la voce entra prepotentemente in un momento di condivisione e compresenza, aiutando la coppia formatore\formato e il nucleo formatore\formati a costruire una relazione unica, consentendo di sancire un patto di cooperazione reciproca che trova espressione nel dialogo che di volta in volta si va a definire nei vari momenti dell’incontro.

La capacità del docente e del formatore di usare la propria emissione in modo sapiente e direzionato, si va a sommare a quella di saper cogliere nel proprio uditorio tutte le informazioni che la voce, portando fuori quello che c’è dentro di noi, mette in campo.

“Ascoltare la voce dell’altro” aiuta così a “farsi ascoltare” in un processo bi-direzionale che contribuisce a rendere il momento condiviso formazione e non addestramento, rinforzando il processo nel suo divenire e favorendo la crescita del rapporto col proprio gruppo di lavoro.»

Lo strumento tecnologico più duttile e sofisticato

Ciò che Annamaria Colombo ci propone, sottolinea non solo l’importanza e il ruolo della voce che forma, ma contemporaneamente l’importanza del formatore come miglior strumento multimediale, impossibile da superare da parte dei supporti tecnologici, certamente molto utili e importanti ma, appunto, strumenti usati dalla persona e non sostituti della persona con il suo impegno, la sua cura, intenzione e attenzione.

Sia durante la progettazione di un’attività formativa, sia durante la sua realizzazione (e non pensiamo solo a un contesto di aula, ma anche a incontri, riunioni, coaching, presentazioni…) troppo spesso si affida la certezza di una buona riuscita a strumenti sempre più sofisticati, trascurando la persona, la relazione, la voce.

Durante un’attività formativa e relazionale, la voce si lega ai nostri stati emotivi e li diffonde, trasporta convinzioni oltre la nostra consapevolezza, sollecita i nostri cinque sensi, co-crea il significato di ciò che stiamo dicendo.

In definitiva, sono le persone a rendere la formazione sostenibile, prima e più di ogni altra cosa.

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