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13 Set

Formazione, motivazione e lavoro: creare l’equilibrio

Formazione, motivazione e lavoroApriamo un nuovo ciclo di articoli che parte dal dibattito sui social riguardante il Quiet Quitting: la nuova tendenza dei più giovani (Gen Z) a mettere la qualità della propria vita prima di ogni cosa, senza rinunciare al lavoro, quindi senza andarsene dalle aziende, ma facendo il minimo indispensabile per mantenerlo.

Questa definizione riguarda primariamente la Formazione, perché coinvolge il rapporto con il lavoro e con la vita personale, la motivazione, l’apprendimento e in definitiva il “modello del mondo” che tutti noi -e non solo i giovani- abbiamo. Inoltre i “contributi” che si trovano sul web tendono molto più a generalizzare e a esplicitare opinioni che a portare informazioni e riflessioni.

Una vita equilibrata

Possiamo descrivere noi stessi come l’interazione di 3 aree: professionale, personale, intima.

Professionale è l’area del nostro lavoro e del nostro percorso professionale.

Personale è l’area della famiglia, delle amicizie, dei rapporti sociali.

Intima è l’area in cui noi comunichiamo con noi stessi.

Questi 3 cerchi, per ciascuno di noi, si intersecano in modo specifico: per qualcuno quello professionale copre quasi completamente quello personale; per altri quello intimo mette in secondo piano gli altri 2.

Il “meglio” per ciascuno di noi è un rapporto di equilibrio dinamico fra le 3 aree, in modo che ci sia uno spazio centrale sovrapposto (area condivisa) che coinvolga tutti e 3 i cerchi e che lasci contemporaneamente ampio spazio a ciascuna area per sviluppare e mantenere le sue peculiarità.

Questa ne è una rappresentazione grafica:

3 aree vita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intanto questo modello ci fa capire che le aree da rappresentare sono 3 e non solo 2 e che non esiste una contrapposizione tra area personale/intima e area professionale.

Noi siamo l’insieme di tutte e tre! E se siamo un insieme equilibrato, la nostra vita è soddisfacente.

Può accadere che, in qualche periodo della nostra vita, una delle tre aree sia preponderante: pensate solo alla nascita di un figlio o a un nuovo lavoro molto coinvolgente.

L’importante è che questa sovrapposizione sia temporanea.

Uno degli scopi principali della Formazione è proprio questo: facilitare e accompagnare le persone nel raggiungere l’equilibrio.

Impegno personale

Quanto osservato sopra ci fa comprendere come l’impegno personale sia necessario in tutte e tre le aree: consentire a una di prevaricare le altre due fa sì che queste si impoveriscano, così come trascurarne una a vantaggio delle altre due, scelte che alla fine impoveriscono noi, che perdiamo una o due delle nostre parti costitutive e determinanti.

Questo ci fa anche comprendere come la prospettiva del Quiet Quitting ci presenti istanze delle quali è necessario tenere conto.

«La filosofia del lavorare poco si sta diffondendo tra i giovani, intenzionati a ridurre lo stress, ad aumentare il tempo libero e a mettere al primo posto la vita.»

A tutti interessa avere del tempo da dedicare a numerose attività interessanti che non sono comprese nel lavoro e a non sentirsi in uno stato di stress.

Teniamo conto che la nostra vita è una, ed è nostra unica vita anche il tempo -indispensabile- che trascorriamo dormendo e quello che trascorriamo lavorando.

Di fatto è il mettere interesse e qualità solo in una parte che finisce per generare stress…

Lavorare, anche se poche ore e con poca intensità, con la mente rivolta al “dopo” e al “fuori” diventa sempre più pesante e si ritorce prima di tutto contro noi stessi.

Ciò non significa credere che dedicarsi al lavoro almeno 80 ore alla settimana sia opportuno e utile, o che essere sempre l’ultimo che esce dall’ufficio sia la chiave per una carriera che ci soddisferà.

Così facendo copriremmo le altre due nostre aree.

La nostra missione

Ciascuno di noi nella vita porta avanti alcune missioni; almeno tre, dato che ne abbiamo almeno una per ogni area…

Molti anni fa una signora che faceva le pulizie negli appartamenti, terminata una stanza ne usciva. Poi tornava indietro, riapriva la porta, ammirava la stanza e il suo operato e commentava “Sta ben!”. Ci diceva che aiutare le famiglie a vivere in un ambiente pulito e ordinato le sembrava una cosa importante per la quale valeva la pena di impegnarsi, tanto più che lei era solo “una donna di servizio e per di più ignorante”.

Occorre comunque sottolineare un aspetto: il Quiet Quitting è partito dagli Stati Uniti, dove il principale metro di valutazione di una persona è il denaro che riesce a guadagnare e che possiede.

«Penso quindi guadagno»: lo stretto legame asset intangibili-guadagno stravolge il senso delle Risorse Umane, dell’immateriale e del loro valore.

Questo ci aiuta a capirne meglio il senso originario, che corre però sul filo del rasoio, poiché facilita il passaggio a “scaldo il banco” o meglio la scrivania.

Un rapporto reciproco tra aree

Se un commesso risponde al cliente soltanto “questo articolo non l’abbiamo” ha certamente fatto il suo dovere.

Se facesse anche il suo lavoro, probabilmente si farebbe carico di questa richiesta cercando una soluzione o indirizzando il cliente verso un altro articolo, che potrebbe risultare pure più adatto del primo. Tanto che il cliente non compri resta comunque una possibilità. Senza fare ore in più, senza morire di fatica, senza allargare troppo la sfera professionale a scapito delle altre due. Ma a fine giornata probabilmente sarebbe “vivo”.

Già, perché una questione è proprio questa: se io “disinvesto” da un’area, sto disinvestendo da me stesso e non arricchendo le altre! Questa sorta di abbandono influenza le altre aree e diventa un segno distintivo nella mia vita, un’abitudine che si consolida, un trend pervasivo.

È questo che vogliamo?

Il Quiet Quitting ci porta quindi a discorsi che riguardano la motivazione, le scelte, la conoscenza, la nostra gestione del tempo… Argomenti che saranno oggetto dei prossimi articoli.

Temi dei quali la Formazione si deve occupare, altrimenti si limiterà a progetti, proposte e attività di facciata.

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