Nei 4 precedenti contributi, abbiamo definito la Formazione una necessità, più che un diritto, un dovere o un investimento; la Formazione deve rispondere a ciò di cui le persone hanno bisogno per ottenere un certo risultato, e non semplicemente a ciò che vogliono o che gradiscono o che auspicherebbero; per questo il percorso formativo coinvolge differenti professionalità specializzate che sono funzionali solo se collaborano assieme e conoscono l’intero processo; comprende il ruolo e la portata dei contenuti, che sa distinguere e commisurare al programma; sceglie tra le numerosissime metodologie quelle più adatte all’intero processo e non quelle più pubblicizzate o accattivanti o di moda, solo perché tali e soprattutto non confonde le metodologie con gli obiettivi, i contenuti, i risultati desiderati, i processi di apprendimento…
Tutto questo lavoro ha una cornice di riferimento che ordina e dà senso alle attività proposte, quali che siano: infatti ogni Formatore si ispira a teorie e modelli, non sempre in modo consapevole e dichiarato.
Tra i modelli d’ispirazione ci sono le metafore.
Come considero un’Organizzazione?
Crea molte differenze se la considero una macchina con ingranaggi che vanno periodicamente revisionati e oliati o se la considero un organismo vivente al cui interno le varie parti operano scambi reciproci, parti a loro volta collegate con altri sistemi esterni. E molto diverse saranno anche le scelte formative!
Come considero la Formazione?
Un certificato attestante il dovere compiuto; un business che porto avanti a suon di effetti speciali e di rientri economici senza badare ai risultati; una buona occasione per trasformarmi in un simil-guru che cerca il potere sulle persone; un ripiego buono per risolvere (a me formatore) un problema; oppure un processo complesso, coerente e onesto che coinvolge formatori e formati, volto a migliorare competenze, relazioni e crescita personale e professionale.
Anche in questi casi le scelte, le modalità e i risultati della Formazione saranno molto diversi e incideranno in ultima analisi sulla fama e sulla stima che si guadagna. Perché la maggior parte delle persone si rende benissimo conto di queste differenze, anche se non sempre è in grado di concettualizzarle. Per riconoscere queste differenze a volte è sufficiente osservare l’atteggiamento del gruppo che sta uscendo dall’aula o il professionista che si sta preparando a un incontro col coach…
Tra i modelli d’ispirazione ci sono le teorie.
Un corso di tecniche di vendita? Ecco che compare una “fettina” di PNL: siediti come il tuo cliente, guarda in su, usa queste parole per essere travolgente e persuasivo, eccoti la differenza tra comunicazione verbale e non verbale…
Difficoltà di relazione tra capo e collaboratore? Ecco che compare una “fettina” di Analisi Transazionale: tu fai il genitore normativo col bambino, che così non diventa adulto…
Poca comunicazione tra colleghi pur dello stesso settore? Ecco che compare la “fettina” dello psicodramma e delle dinamiche psicologiche del gruppo: tu reciti il ruolo del passivo-chiuso-egoista e lui quello del propositivo-aggressivo-direttivo…
Le teorie non sono torte, delle quali possiamo servirci una sottile fettina o una doppia porzione abbondante. Non si “insegna” una fettina di teoria pensando che poi funzionerà da sola per raggiungere il risultato che è stato richiesto all’azione formativa.
La teoria è fondamentale come riferimento per tutti i Formatori che concorrono a costruire e completare l’intero processo formativo ed è un’importante risorsa PER LORO; le esperienze formative che vengono proposte ai destinatari devono rispondere a ciò di cui essi hanno bisogno, non fornire un brandello di teoria mal spiegabile nelle poche ore di un incontro. Pena l’invalidamento della teoria a cui ci siamo ispirati e l’insufficiente risultato per chi si è rivolto a noi.
A volte ci sentiamo dire che, durante ogni fase dell’attività formativa, non c’è tempo sufficiente per perderne un po’ in queste riflessioni o che verrebbe a costare troppo. Della serie “corriamo in fretta, verso dove poco importa”.
Ma quanto viene a costare l’ignoranza? Questa domanda non si riferisce solo a chi dichiara di non avere risorse (di denaro, di tempo, di organizzazione) per formare se stesso o i propri collaboratori, mancanza che finisce per minare le basi delle Organizzazioni, anche le migliori, mandandole lentamente in avaria. E siccome ciò accade “lentamente”, invece di cogliere opportunamente segnali deboli, si scopre il danno quando ormai è conclamato.
La domanda si riferisce anche alle singole persone, quelle che preferiscono lavorare senza dare un senso al loro impegno bensì vagheggiando un mitico “tempo libero” e quelle che hanno paura di prendersi un impegno, perché questo rischierebbe di pregiudicare impensate “opportunità” rendendole non più libere di coglierle.
Insomma, la Formazione non è fatta per chi –formatore o formando che sia- non è disposto a mettersi in gioco con coerenza, onestà e parità umana. Dura lex, sed lex.