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12 Set

Ripensare la formazione: 4 idee per il Governo Conte

4 idee per il nuovo Governo ConteFatto, o meglio quasi fatto il Governo Conte bis. La prima impressione che si ha leggendo i giornali o sbirciando sui social le notizie più importanti, è che sia decisamente cambiato il vento politico nel nostro Paese. Con una velocità mai vista prima. Se è così allora ci sono di nuovo spazi importanti per riproporre alcuni temi che a noi stanno decisamente a cuore.

La formazione come diritto soggettivo

Il primo riguarda l’idea che la formazione sia un diritto soggettivo del lavoratore, da garantire a tutti e con uguali condizioni di accesso.

In Italia non è così. Esiste un esercito di lavoratori che non ha accesso alla formazione finanziata, o cofinanziata, e che se vuole aggiornarsi deve mettere mano al portafoglio. Gli addetti ai lavori sanno che la formazione è pensata in funzione dell’azienda. Se il lavoratore è un dipendente di sé stesso la formazione se la paga con risorse sue. Se invece si ritiene che la formazione sia un diritto soggettivo del lavoratore allora il sistema si sposta sulla persona (il famoso e spesso abusato concetto della persona al centro) che sceglie da sé quale corso seguire o su cosa aggiornarsi. Non si tratta di superare la bilateralità, ma di colmare lacune evidenti che indeboliscono l’efficienza del sistema.

La formazione come asset per la crescita

La seconda: la formazione è uno degli asset fondamentali per far crescere la produttività delle imprese e l’economia del Paese. Quindi servirebbe ragionare seriamente su come rendere efficiente un sistema che brucia risorse importanti sul bilancio dello Stato. Definire (magari) sistemi di valutazione che, salvo alcune rarissime eccezioni, mancano completamente nel contesto dei fondi interprofessionali. Ci riferiamo in questo caso ai meccanismi di valutazione di impatto non solo economici ma anche sociali e ambientali in senso ampio.

La formazione e l’incrocio di competenze

Terza questione: il mercato del lavoro di oggi in Italia non premia le competenza di alto profilo. Si cercano competenze che non ci sono in numero sufficiente rispetto alle esigenze delle aziende e non si riesce a inserire i più giovani o reinserire chi viene espulso dal sistema.

Ripensare la formazione in una ottica di ecosistema del lavoro basato sull’incrocio delle competenze per noi sembra essere l’unico modello possibile. Gli esempi cui ispirarsi non mancano, anzi probabilmente non occorre inventarsi nulla. Solo restando nel Belpaese basta andare a vedere come funziona il Fraunhofer di Bolzano. Naturalmente con la consapevolezza che bisogna sperimentare e contestualizzare i modelli, su schemi nazionali e regionali non in competizione tra loro ma ispirati da una visione comune e condivisa di sviluppo, possibilmente sostenbile.

Il lifelong learning

Infine uno sguardo al periodo medio lungo. L’Italia si prepara ad un inverno demografico che secondo gli esperti avrà conseguenze pesanti sul sistema economico e sociale del paese. E contemporaneamente avrà bisogno di crescere per mantenere livelli di competitività che consentano di tenere in equilibrio un sistema di protezione e coesione sociale di cui la stessa formazione fa parte. Ripensare il mondo della formazione vuol dire farsi carico delle competenze della persona lungo tutto l‘arco della sua esistenza, o almeno in quello della sua carriera lavorativa che oggi diventa sempre più discontinua e frammentata.

Per farlo va superata un’impostazione che segmenta e separa il mondo dell’istruzione da quello della formazione, nell’ottica appunto del diritto soggettivo all’accesso ad una istruzione di qualità lungo l’intero periodo di vita del lavoratore, quindi, appunto, della persona.

Diego Castagno
Presidente Federformazione

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