Note per una valutazione riflessiva a supporto dell’impatto
Sempre più progetti, per diversi motivi, includono al loro interno un’azione di impatto sociale. In altri termini, i partner di un progetto usano una quota del budget per valutare il proprio impatto sociale.
Sembrerebbe un approccio autodiretto alla valutazione eppure, nonostante ciò, non è raro che quando i partner giungono al momento di interagire con un professionista di valutazione di impatto sociale che responsabilmente espone il suo armamentario di strumenti e termini specialistici (ToC, SROI, analisi controfattuale, etc.) la loro reazione emotiva somiglia a quella che le persone mostrano quando il dottore gli segnala la necessità irrimandabile di una tac, una pratica specialistica che, pur se applicata con professionalità e strumenti avanzati, potrebbe rivelare malattie oscure capaci di gettare ombre sulla vita stessa del paziente.
La frequenza e la familiarità di questo tipo di reazione mostra come, ancora oggi, la vita organizzativa del progetto e l’impegno profuso per la sua cura vengano percepite dai partner come attività del tutto separate dalla valutazione, fino al punto da apparire come interventi distinti che giungono dall’esterno sotto forma di verdetti potenzialmente minacciosi e spiacevoli.
Forse è giunto il momento di cambiare la modalità di interazione tra progetto e specialisti dell’azione interna di valutazione di impatto sociale. Il motivo principale non è una questione di immagine e non è il miglioramento della percezione del ruolo degli specialisti di valutazione. La posta in gioco è quella di incrementare l’impatto sociale dei progetti stessi.
Si può iniziare a cambiare partendo da alcune semplici considerazioni.
Ricordando, innanzitutto, che stiamo trattando casi di Social Impact Assessment in cui non è il programma di finanziamento che si dota di un valutatore dei progetti ma in cui sono i progetti stessi che aggiungono un’azione di valutazione di impatto sociale che il più delle volte viene affidata a una struttura esterna. Si tratta di una notevole differenza perché se il valutatore è stato scelto dai partner stessi, il senso di questa azione valutativa non è (o non dovrebbe essere) quello di misurare ex post l’impatto, ma è quello di svolgere un percorso valutativo in senso ampio per incrementare le condizioni di impatto del progetto al quale i partner stanno lavorando.
In questo caso, proprio perché non giunge dall’esterno e alla fine del percorso ma è costruita all’inizio del progetto per intersecarlo in più momenti, l’azione valutativa può essere modulata per valorizzare al massimo la sua dimensione riflessiva. L’azione valutativa orienta così la riflessione, la consapevolezza e la responsabilità dei partner per l’impatto sociale di cui sono responsabili.
La pratica del supporto all’autovalutazione delle condizioni di impatto sociale del progetto è vista così come un aiuto durante e non come un verdetto finale separato dalle pratiche e, di conseguenza, le reazioni emotive cambiano completamente.
Questo cambio di percezione può avvenire sin dal momento di avvio, in fase di validazione della Theory of Change del progetto (ToC) ovvero del nesso tra input, output, outcomes e impatti attesi.
Con un approccio riflessivo, la fase di validazione della ToC può essere percepita dai partner come utile per recuperare il senso del progetto, nel caso in cui, ad esempio, alcuni di loro fossero stati reclutati all’ultimo momento in fase di scrittura e catapultati inconsapevolmente nella presentazione del progetto. La fase di validazione iniziale della ToC può essere usata dai partner come occasione per non limitarsi a ri-condividere gli output e ri-coordinare le agende per le consegne ma per ragionare nuovamente sugli outcomes e gli impatti attesi, per andare oltre dal linguaggio “progettese” apparentemente cristallino del progetto ufficiale e comunicare con linguaggi più informali e operativi.
Un passaggio immediatamente successivo è quello della riflessione sulle condizioni interne ed esterne per passare dagli output, agli outcomes, agli impatti, occasione decisiva che può consentire ai partner di suggerire azioni concrete e determinanti che facilitano lo svolgimento del processo incrementandone le possibilità di raggiungimento dell’impatto sociale atteso.
Si tratta di un processo riflessivo molto più ampio di quello che potrebbe essere svolto da comuni incontri di monitoraggio interni al project management, occasioni nelle quali lo sguardo dei partner – influenzato dall’ansia (legittima) di raggiungere i deliverables quantitativi misurabili promessi – tende solitamente a concentrarsi solo sugli output.
L’uso dei questionari per i partner può andare oltre lo stile “confessionale” con domande che arrivano quasi impreviste dopo l’azione per verificare la conformità con le attese. In effetti nel momento in cui i partner arrivano a condividere un piano d’azione dettagliato e sostenibile per l’impatto, i questionari rivolti nelle fasi iniziali ad alcuni attori interni al progetto possono essere impostati come orientativi dell’azione. Valorizzando l’approccio riflessivo gli attori sono messi così in grado per le fasi successive di spiegare e ragionare insieme agli altri partner sugli imprevisti emersi e sulle scelte operabili sul campo per favorire l’impatto del progetto.
Valorizzare la dimensione riflessiva della valutazione può essere particolarmente promettente ma è ancor più rilevante, inoltre, se si considera che la valutazione di impatto sociale interna al progetto solitamente copre il periodo di azione diretta del progetto, fin dove è utilizzato il budget, e dunque difficilmente può avere modo di analizzare gli effetti del progetto ad anni di distanza dal suo termine formale.
Dal punto di vista degli effetti emotivi, il valutatore che valorizza nella sua azione professionale la dimensione riflessiva è percepito dai partner di progetto come un collaboratore critico, un coach a supporto dell’implementazione e valutazione della ToC, un partner che attraverso la valutazione iniziale del progetto aiuta a costruire il più possibile le condizioni per l’impatto reale del progetto, in modo da arrivare nel modo migliore alla fase di valutazione ex post, al termine delle attività progettuali previste.
Pietro Valentini