Se il Governo Conte bis nasce sotto il segno dei punti programmatici diffusi dai giornali, nonostante le diversità dei due soggetti che lo sosterranno, abbiamo deciso di essere ottimisti.
Vediamo perché.
Nel programma ci sono continui e convinti rinvii ai temi dell’innovazione e della sostenibilità. Certo, i punti esprimono indirizzi e sono allo stato attuale dell’arte “manifestazioni di intenti”, ma hanno il pregio di essere coerenti tra loro e di tracciare un quadro generale di sistema. Progettare interventi in grado di pensare modelli innovativi di sviluppo sostenibile nella multidimensionalità è indispensabile di un sistema economico e sociale complesso come quello del nostro Paese. Come è noto l’Italia sconta ritardi gravi in termini di produttività e competitività a cui occorre dare risposte efficaci e in tempi brevi. E paga il prezzo di disparità regionali e disuguaglianze sociali che costituiscono un freno alla crescita dell’economia e rendono necessari interventi per una nuova coesione sociale nelle comunità e nel Paese.
I punti del programma rilanciano alcune priorità che toccano praticamente tutte le criticità che negli ultimi anni sembrano essersi aggravate, dalla “questione” giovanile e quella del Mezzogiorno, dal lavoro povero all’ipertrofia del debito pubblico: difficile pensare che un Paese così frammentato possa recuperare posizioni se non riesce a pensare “assieme” un futuro possibile. Dovendo immaginare modelli di sviluppo economici e sociali conviene per tutti ragionare in termini di sostenibilità e di crescita per molti e non per pochi.
Rispetto a temi più specifici invece, forse manca concretezza nella redazione del programma, ma va detto, una volta per tutte, che sarebbe ora di recuperare l’abitudine a fare politica oltre che pensare alla gestione e all’amministrazione.
La politica è visione ed è strategia. È pensare in termini di sistema, oltre che di emergenza, evitare conflitti muscolari e immaginare sistemi virtuosi di mediazione. Vuol dire anche assumersi la responsabilità e la consapevolezza necessaria che l’intelligenza dello statista consiste nel capire dove si è ora tenendo presente dove si vorrebbe andare domani.
Per quanto riguarda noi, che ci occupiamo di temi sconosciuti ai più e solo appannaggio degli addetti ai lavori, probabilmente in questo quadro c’è spazio per rilanciare alcune proposte che riguardano il sistema complesso del mondo del lavoro, dell’istruzione e della formazione.
La prima riguarda il tema della formazione come diritto soggettivo della persona e del lavoratore. La risorsa umana deve essere un capitale per il sistema sociale ed economico del paese, in particolare se si ritiene necessario crescere ma anche pensare ad un futuro del lavoro delle persone assieme alla macchine.
La seconda consiste nella necessità di promuovere questo ecosistema in termini di Lifelong Learning per includere e dare opportunità a chi è fuori o rischia di rimanere indietro.
La terza riprende la necessità di ripensare un sistema che valorizzi la persona e le sue competenze come motore di sviluppo della società, con meccanismi efficienti di valutazione dell’impatto generato. Serve puntare seriamente sull’innovazione e sull’innovazione sociale e sulla logica del partenariato pubblico privato, serve a crescere e alla coesione sociale. Non c’è lavoro se non c’è crescita, e non c’è coesione sociale se non si riducono le disuguaglianze e non si lotta contra la povertà.
Non è più pensabile accettare la logica del piano inclinato, o quella di un Paese che gestisce un declino ritenuto da molti ormai irreversibile nel panorama dell’economia globale e interconnessa. È irresponsabile non preoccuparsi dell’inverno demografico su cui si avvia il Paese o del debito che affliggerà le giovani generazioni che verranno. È un errore grossolano non pensare che meccanismi burocratici e amministrativi possano ostacolare e ritardare la valorizzazione di quello che c’è o l’utilizzo delle risorse che ci sono.
L’ambizione nostra, e immaginiamo di quelli che lavorano nel nostro settore, è quella di partecipare a momenti di confronto che traducano concretamente le visioni e le progettualità in meccanismi efficienti di gestione. Potrebbe essere la volta buona vista la situazione difficile e l’urgenza di provvedimenti necessari al rilancio del sistema Paese. Del resto in Italia non mancano persone con competenze e capacità “tecniche” acquisiste sul campo disposte a condividere e pensare a come migliorare le cose. Oggi probabilmente queste persone potrebbero essere molti utili alla causa comune.
Al nascente governo Conte dedichiamo la frase di Nelson Mandela che per noi è una fonte continua di ispirazione:
“Istruzione e formazione sono l’arma più potente che abbiamo a disposizione per cambiare il mondo”
….correva l’anno 1993….
Buon lavoro a chi assumerà l’onere di guidare il Paese nei prossimi tempi…
Milano 4 settembre 2019
il Presidente, il Segretario, il direttivo nazionale