Il profilo del formatore: un quadro generale
Apriamo un nuovo ciclo di articoli per riflettere sulle caratteristiche e le competenze del Formatore, professione che con gli anni da un lato si è venuta sempre più arricchendo e dall’altro troppe volte improvvisando.
Federformazione riveste un ruolo che può dare un contributo importante a definire il profilo del Formatore e a proporre percorsi utili.
La Formazione e i Formatori
Per descrivere un profilo del Formatore, dobbiamo partire da alcune considerazioni generali.
Vogliamo produrre solo una formazione che adempie o che piace, o soprattutto una formazione che serve e che fa crescere le Persone e le Organizzazioni?
Si tratta di un servizio che è fatto di competenza e di fiducia.
Abbiamo assistito a una notevole crescita di importanza della Formazione per gli adulti e i lavoratori, dovuta sia al progressivo arricchimento e innovazione all’interno delle professioni, sia alla nascita continua di nuovi lavori, spesso impensabili solo pochi anni prima.
Questa crescita di importanza ha contribuito a rendere la Formazione sempre più variegata, necessaria e ricca di una sua storia e una sua letteratura.
Ma come non basta conoscere Storia e Scienze della Musica o della Filosofia per divenire bravi musicisti o profondi filosofi, così le varie Scienze della Formazione non abilitano automaticamente un Professionista della Formazione che è legato a vario titolo al mondo del lavoro e che ne richiede una buona conoscenza.
In merito ai diversi aspetti della Formazione, moltissimi sono i contributi prodotti da esponenti del mondo accademico, del mondo economico e dall’area psicologica e a questa possiamo certo attingere spunti, idee e riflessioni.
Ma il suo utilizzo è sempre legato alle competenze professionali del Formatore, in quanto si tratta di una disciplina che ha una dimensione strategica, riguardante la lettura delle variabili di business, la vision aziendale e il collegamento fra obiettivi multipli e una dimensione didattica che considera progetti, luoghi, tempi, metodologie…
La Formazione Formatori
Nei dati relativi alla Formazione, provenienti da diverse fonti, poco o nulla abbiamo trovato circa la Formazione Formatori.
Lo stesso vale per la nostra esperienza diretta, per quanto modesta a livello di numeri.
Va da sé che sono già presenti la necessità e l’importanza di titoli adeguati, per tutti gli operatori e per ogni fase del processo formativo, dalla progettazione, alla realizzazione, alla rendicontazione.
Ma il massimo della formazione per gli operatori riguarda gli aggiornamenti su bandi, regole e procedure, corredati spesso da impegno personale nella pratica e nell’esperienza, e tutto finisce qui.
Oppure qualche tecnica per tenere l’aula, nell’idea -tuttora purtroppo molto diffusa- che il “formatore” sia l’operatore finale che sta a contatto con coloro che si stanno formando e che tutte le parti a monte e a valle di questo momento siano portate avanti da…da chi?
Sempre Formatori sono e sempre hanno la necessità di conoscere TUTTO il processo formativo, il processo di apprendimento, il processo di valutazione, il processo di progettazione… Altrimenti che senso e che scopo danno al loro lavoro?
Poiché innegabilmente si tratta di un lavoro molto impegnativo, è necessario che, periodicamente, chi si occupa di formazione faccia un passo di lato e si stacchi dalla routine quotidiana per lavorare su se stesso e sul proprio sviluppo professionale.
Sommersi da una marea di dati, di scadenze, di format da inserire on line, gli operatori della formazione -che sono formatori- dimenticano spesso le cornici di riferimento, il senso di ciò che stanno facendo e “non perdono tempo” nel riflettere su tutto ciò di cui parliamo qui.
Così “perdono qualità” per sé e per il lavoro che stanno svolgendo.
E per quanto riguarda coloro che operano alla concretizzazione e alla realizzazione delle attività formative -che sono formatori- l’attenzione è concentrata sui contenuti da “trasmettere”, senza una vera chiarezza del proprio ruolo a contatto con destinatari e fruitori, delle proprie risorse, dei propri punti deboli.
Quale apprendimento e quale formazione
Soprattutto nelle PMI e nell’ambito del lavoro autonomo, la Formazione è spesso pensata in maniera eccessivamente superficiale e lineare.
I criteri principali sono: conoscere la materia su cui verte l’azione formativa (conoscenza misurata come?) e -se sono disponibili finanziamenti- conoscere i meccanismi di erogazione e acquisizione dei fondi, ai fini di un progetto consono.
Non basta essere di fronte a un professionista di qualità che conosce molto bene la sua materia.
Spiegare qualcosa che conosciamo non ci trasforma magicamente in professionisti della Formazione, che richiede molte altre specifiche competenze e nessuna improvvisazione.
Negli anni sono nate società che promuovono attività formative innovative, in barca a vela, nei boschi o sui torrenti, visitando cantine vinicole, improvvisando performances teatrali e gare musicali…spesso confondendo contenuti, contesti, mezzi, fini, obiettivi, effetti, ma sottolineando la novità della proposta, la sfida e il divertimento implicati.
Percorsi che potrebbero divenire utili e interessanti, ma quando e in che modo sono definibili “formazione”?
Quali effettivi messaggi e apprendimenti si portano a casa i partecipanti, che siano poi spendibili e integrabili nel proprio contesto professionale e personale?
È nata la moda del “Coach”: sembra più facile divenire un coach che un formatore, sembra più facile e rapida una formazione che si chiama “attività di coaching” invece che “processo formativo di sviluppo”.
Salvo che il coaching è un metodo, uno tra i tanti che possono essere scelti per ottenere i risultati auspicati dal progetto in relazione a quelle specifiche persone in quello specifico contesto.
Chi si vanterebbe di essere “formatore d’aula” piuttosto che “storyteller”? Ma coach…
La prima caratteristica del Formatore
Occorre quindi che il Formatore conosca i processi di apprendimento e di formazione, che sappia distinguere mezzi, metodi, obiettivi, effetti e contenuti (cosa per niente scontata), che abbia chiarezza sul ruolo della Formazione, che sia in grado di gestirla.
Non una sfilza di slides più o meno innovative per raccontare una novità, che poi lascia i partecipanti da soli a metterla in pratica e a fare i conti con le precedenti abitudini; non una serie di prescrizioni su cosa deve fare chi vuole primeggiare nel suo campo o avere le competenze necessarie per inserirsi in quel contesto; non un’attività “sportiva” collegata al proprio contesto professionale per pura illazione.
Che poi sembra che solo il primo conti… O l’azienda è costituita da 50 “Primi” (e chi sarà Secondo, Terzo, Quarto? Perché se c’è un “Primo” gli altri sono necessariamente qualcos’altro) o i restanti 49 sono al massimo “carne da cannone”, come un’illuminata imprenditrice davanti a noi definiva alcuni anni fa gli stagisti (!).
Insomma, la professione del Formatore non è un ibrido, un riciclo, un ripiego o un prestito a mezzo servizio: si tratta di una professione con la pienezza delle sue caratteristiche.
Definirle e definire un percorso adeguato è sempre più importante e necessario.