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Il terzo settore tra pubblico e privato: la formazione finanziata e il mercato

Evento Seneca Federformazione Bologna

Evento Seneca Federformazione BolognaCome si può ripensare il ruolo degli enti di formazione in un momento storico in cui il terzo settore cambia e si apre al mercato?

Si è parlato di questo e di molto altro a Bologna stamattina nella sede di Seneca Impresa Sociale, in un dibattito organizzato da Federformazione e aperto anche a professionalità provenienti da mondi differenti. Seneca, ente di formazione di Bologna, opera da oltre trent’anni nel campo della formazione professionale e della consulenza sulle Risorse Umane. Negli ultimi dieci si è specializzata in particolare nel settore socio-sanitario.

Il messaggio che esce dal workshop è tutto sommato semplice: contaminarsi, lavorare in rete e aprirsi al mercato.

Tradotto: alzare la qualità e puntare sulle sinergie in un mercato in cui i confini tra pubblico e privato potrebbero diventare in futuro sempre meno netti. Prendendo spunto proprio dal privato, che oggi cerca contenuti e li trova proprio nel sociale.

Qualche anno fa era lecito rimanere colpiti dalle prime librerie che vendevano anche il caffè, o dalle biblioteche che affittavano spazi alle associazioni e gestivano in ristorante o servizi di catering per comunioni e compleanni. Erano i primi esperimenti di una una contaminazione per certi aspetti inevitabile che seguiva logiche e fini differenti eppure complementari: da un lato si allargava il target dell’utenza, dall’altra si cercavano modelli di sostenibilità che consentissero di finanziare il welfare con servizi al mercato. E il modello a tratti diventava disruptive. Stravolgendo e rimescolando il senso e la mission di un servizio che nonostante tutti i tentativi di razionalizzazione continua ad avere il difetto di costare caro e di essere essenziale. Parliamo di un sistema democratico i cui protagonisti invecchiano o perdono sempre più frequentemente il lavoro trovandosi ai margini della società.

L’industrializzazione dei servizi di welfare per ora non produce i risultati auspicati, e la scalabilità resta un’ipotesi ancora molto vaga.

Il terzo settore è oggi in fase di profondo ripensamento, non tanto nelle finalità o nelle motivazioni del suo agire, quanto nei modi e nei meccanismi interni di sostenibilità. Le imprese sociali, a prescindere dalla forma giuridica e dalla confusione politica che in questo genere di argomenti perdura e persevera, alla fine lavorano su servizi pagati dallo stato, che però, come è stra-noto, soldi ne ha sempre meno e gente da assistere sempre di più.
E tra i servizi di welfare ci sono i servizi per le politiche del lavoro, con costi standard insostenibili per chi abbia l’ambizione di erogare servizi di qualità, o con processi disegnati solo sulla carta e lontani da ogni attinenza con la realtà delle aziende.

Il mondo della formazione è del tutto coinvolto da questa trasformazione. La formazione oggi è cofinanziata da Fondi Sociali Europei e Fondi Interprofessionali, e subisce da anni una progressiva erosione delle risorse disponibili.

Quale è l’alternativa per gli enti di formazione?

Aprirsi “seriamente” al mercato, oppure diventare hub di servizi più complessi, imparando a loro volta a lavorare di più in rete e provando a darsi le dimensioni opportune per stare sul mercato.
Intendiamoci, non si tratta di non lavorare più sulle linee di finanziamento dei fondi interprofessionali o del FSE, dettati dalle linee di sviluppo nazionali ed europee. Si tratta di diversificare le proprie attività, di rafforzare il proprio rapporto con il mercato del lavoro e della scuola. Insomma serve alzare il livello della qualità ed aprirsi al mercato.

A Bologna si è parlato di questo, e tra le altre cose di un progetto presentato da Renzo Colucci, direttore di Seneca e da Federformazione, che disegna la nostra associazione come una rete di sviluppo, in cui si condividono le risorse e si generano opportunità. Facciamo leva sulla capillarità sul territorio nazionale degli enti e degli operatori soci: una sorta di APL diffusa che potrebbe davvero essere nella sua semplicità molto innovativa. E facilmente sostenibile per tutti.

Ps. Piccolo consiglio al manovratore: aggiornare i costi standard, magari a partire da quelli dei servizi al lavoro e dell’orientamento, e rivedere i processi previsti nel FSE, qui invece partendo dai meccanismi di certificazione delle competenze. Sarebbe un’ottima cosa e converrebbe a tutti, non solo agli enti di formazione.

Un piccolo consiglio per le letture estive:

*Io speriamo che me la cavo. Sessanta temi di bambini napoletani. A cura di Marcello D’Orta.

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