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10 Lug

Ritornano i voucher? Numeri ed effetti di questo strumento

Il ritorno dei voucher

Il molto discusso decreto dignità, varato dal Governo Conte e fortemente voluto dal Ministro Di Maio, potrebbe segnare il ritorno dei voucher, richiesti a gran voce dalle associazioni datoriali e dalle imprese. Al di la delle polemiche ci siamo permessi di cercare alcuni numeri, per capire meglio di cosa si stia discutendo.

Lo strumento dei voucher, il cui utilizzo avevo raggiunto numeri straordinari nel 2016, era stato abolito dal Governo precedente il 18 marzo 2017 sulla spinta di un referendum promosso da CGIL e non senza polemiche. Al loro posto sono subentrati i contratti a chiamata per le prestazioni con frequenza non determinabile all’atto dell’assunzione, strumenti che permettono alle imprese di “chiamare” solo all’occorrenza il lavoratore.
Un secondo effetto dell’abolizione del voucher è stato il maggior ricorso al lavoro “somministrato”, o interinale, che nel primo trimestre del 2017 ha segnato l’aumento record del 22,4%, mai così alto nel nostro paese.
Dal 2008 i voucher hanno avuto un successo tra e imprese ed una crescita straordinaria: nel 2016 ne sono stati venduti più di 140 milioni, con un aumento del 26,3% sull’anno precedente e del 27.000% rispetto al 2008. I lavoratori “regolarizzati” con i voucher nel 2016 erano quasi un milione e mezzo di persone (Dati forniti dall’osservatorio Uil).
Il 64% dei buoni-lavoro sono stati venduti al Nord (93,2 milioni), e il restante 36% tra il Centro (26,3 milioni) ed il Mezzogiorno (25,8 milioni). Più in dettaglio la Lombardia (27 milioni), il Veneto (18,5 milioni), l’Emilia Romagna (18,2 milioni), Piemonte (11,9 milioni) e la Toscana (10,6 milioni).
Nel 2016 oltre il 50% dei voucher era utilizzato nell’ industria, nell’edilizia, nei trasporti. Meno diffuso in percentuale l’utilizzo dei voucher nei settori del turismo e del commercio. Paradossalmente il comparto per cui era stati pensati i voucher invece, l’agricoltura e i lavori domestici, era lo stesso in cui lo strumento veniva meno utilizzato.

Non serve aggiungere altro a dati che si commentano da soli, se non due piccole considerazioni. La prima il voucher era nato per legalizzare lavoro tradizionalmente in zone grigie del mercato. Si è rivelato invece uno strumento il cui abuso testimonia ampiamente la difficoltà con cui l’economia italiana è uscita dalla crisi economica più dura della storia repubblicana, tanto per la durata quanto per gli effetti sociali prodotti.
La seconda considerazione invece parte dalla considerazione che con l’abolizione del voucher le aziende hanno scelto il contratto a chiamata o la somministrazione, il che conferma, ancora una volta che nessuna legge sul mercato del lavoro sembra in grado di invertire dinamiche economiche determinate da mercati sempre più globali.
Per creare lavoro serve innanzitutto la crescita e per combattere la precarietà servono investimenti sulle conoscenze dei lavoratori, ripensando il ruolo di istruzione e formazione, argomenti di cui dalle parti di Palazzo Chigi e del MISE per ora non si parla.


 

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