Apparentemente nessuno oggi, fatta eccezione per gli addetti ai lavori, parla di formazione, ed ancora meno, di istruzione.
Si conferma una anomalia tutta italiana, in un Paese che cresce poco o nulla e che non sembra avere ancora ben chiaro il ruolo del capitale umano nella dinamiche di innovazione e crescita del sistema economico.
Un’economia della conoscenza oggi non può non investire nelle competenze e non può ostinarsi a sottovalutare quanto sia strategico il ruolo della manutenzione delle conoscenze acquisite nella fase dell’istruzione durante tutta la vita dell’individuo, che nell’economia di oggi deve essere pronto a cambiare spesso ruolo e funzione.
Il silenzio sull’argomento in realtà nasconde un’imbarazzata incertezza su come si devono riscrivere le regole di un sistema che dopo anni necessita di manutenzione. In questo senso noi siamo convinti che le maggiori attenzioni dei legislatori passino proprio dal ruolo della formazione all’interno del sistema che lega lavoro, coesione sociale, inclusione e crescita.
Il Reddito di cittadinanza, fortemente voluto dal Governo ed in particolare dal Ministro Di Maio, ancora in una fase di costruzione, assegna alla formazione un ruolo strategico, e del resto non potrebbe essere diversamente. Oggi conta l’occupabilità, cioè il possesso delle competenze necessarie ad affrontare periodi di transizione e ad accedere alle opportunità che il mercato del lavoro presenta. E conta la proattività, cioè la capacità di proporsi e generare opportunità.
Il tema del lavoro dignitoso, e sullo sfondo quello della precarietà, rinvia all’empowerment del lavoratore, che è nuovamente un fatto di competenze e conoscenze, e che implica processi di trasferimento efficaci ed efficienti.
Il tema dell’ANPAL, l’Agenzia Nazionale per il Lavoro che avrebbe dovuto mettere in rete gli operatori del mondo della formazione e delle politiche del lavoro e di cui nessuno parla più, passa dal rafforzamento del sistema della formazione, oltre che da quello dei centri per l’impiego.
In altri termini, la formazione è un tema davvero traversale. È un diritto dovere sia del lavoratore sia dell’azienda, nel senso che conviene ad entrambi, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda o dal settore di attività.
Eppure, come tutti pensano e nessuno dice, occorre sistemare alcune cose, altrimenti il sistema rischia di implodere e perdere in credibilità.
L’articolo de il Fatto Quotidiano che mette in evidenza la carenza di verifiche nei sistemi di autorizzazione e di controllo dimostra come serva una nuova cultura della formazione, che superi logiche puramente autoreferenziali e incentivi qualità nell’offerta formativa.
Le Agenzie di formazione devono andare oltre la pura gestione, e devono mettere in comune la loro esperienza per mettere in relazione territorio e azioni finanziate dalla politica. Allo stesso modo gli operatori della formazione devono inoltre acquisire consapevolezza del loro ruolo.
Insomma occorre alzare l’asticella e tentare di ripensarsi in un sistema che mette in relazione istruzione, scuola università e mondo del lavoro. Ed occorre un lavoro paziente di dialogo, ascolto e messa in rete delle esperienze migliori, per rendere efficiente ed efficace un sistema, quello della formazione, che è strategico in tutte le economie moderne del mondo.
Diego Castagno
Presidente Federformazione
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