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Nuove linee guida Anpal sui fondi interprofessionali: una prima lettura

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Dopo un lungo silenzio finalmente arrivano le tanto attese indicazioni che dettano le linee guida sulla gestione delle risorse attribuite ai fondi paritetici interprofessionali. I fondi e gli enti di formazione che collaborano con gli stessi, aspettavano con ansia questa circolare che tenta di dare organicità ad una serie di interventi ministeriali susseguitisi nel corso degli anni. Ricordiamo che le precedenti linee guida risalgono ben al 2003 (Circ. 36 del 18 novembre 2003) e si sono dimostrate nel tempo inadeguate e superate dall’evoluzione giurisprudenziale in materia, in particolare a seguito della decisione 4304/2015 del Consiglio di Stato, che ha sancito l’appartenenza ad un ambito pubblicistico dei fondi interprofessionali nella gestione delle risorse.

Le linee guida, che lasciano qualche aspetto da chiarire ulteriormente, affrontano, anche se in modo sintetico, molte questioni legate alla gestione delle risorse assegnate dall’INPS.
Esaminiamo, dunque, i punti salienti, evidenziandone gli aspetti positivi e gli aspetti che necessitano approfondimenti.

Una prima riflessione riguarda la mancata definizione dei soggetti attuatori delle attività formative. Oltre alle aziende e agli organismi accreditati secondo le normative regionali, si lasciano liberi i fondi di individuare, applicando criteri definiti in ampia autonomia, ulteriori soggetti. Su questo punto solleviamo qualche perplessità: un maggiore rigore nella selezione dei soggetti attuatori aiuterebbe a migliorare la qualità degli operatori del settore, aumentando la professionalità complessiva del sistema.

Altro appunto riguarda la previsione che, con la modalità “conto collettivo”, non sia finanziabile la formazione obbligatoria per legge. Riteniamo che il riferimento corra esclusivamente per i finanziamenti concessi in riferimento al Regolamento UE 651/2014 (che espressamente viene riportato nella circolare). Tuttavia, la generica formulazione della proposizione, potrebbe far pensare che vi sia una volontà di escludere anche per gli aiuti di stato in de minimis tale possibilità formativa.

Tralasciando le valutazioni sull’opportunità di una tale previsione, mossa in un periodo dove il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro è tornato di stringente attualità, riteniamo, proprio sulla scorta dei contenuti del Regolamento richiamato, che in questo ultimo caso (de minimis) l’azienda possa beneficiare anche della formazione obbligatoria. È evidente che un chiarimento in merito sarebbe quanto mai opportuno.

Da apprezzare i tentativi di dare trasparenza all’operato dei fondi grazie all’introduzione dell’obbligo sia di pubblicità dei bilanci sia degli accordi interconfederali che disciplinano la condivisione dei piani formativi. Soprattutto quest’ultimo aspetto ha sempre rappresentato una criticità per gli enti di formazione e le aziende che si trovano senza riferimenti operativi e nell’assoluta impossibilità di conoscere quali siano i criteri con i quali operano le loro scelte le parti sociali, generando con questa indeterminatezza, un potenziale elemento distorsivo della concorrenza e, in ultima istanza, un vulnus nella corretta gestione pubblicistica delle risorse.

Fondamentale precisazione riguarda la possibilità di impegnare esclusivamente risorse realmente assegnate, al fine di evitare comportamenti distorsivi della concorrenza da parte di taluni fondi interprofessionali. Abbiamo infatti esempi, anche recenti, di fondi che hanno impegnato, uno di questi addirittura con valenza pluriennale, somme non accertate e solamente probabili nella loro assegnazione.

Si è anche disciplinata la possibilità di utilizzare strumenti già previsti dalla normativa comunitaria, tesi ad aumentare l’efficienza nell’impiego delle risorse, quale, ad esempio, la modalità rendicontativa ad <Unità di Costo Standard>.

Ultimo punto, a nostro parere poco condivisibile, riguarda la disciplina della delega a soggetto terzo, attivabile esclusivamente per l’acquisizione di apporti integrativi e/o specialistici nella realizzazione delle attività formative: nel testo della circolare è limitata l’attivazione solo a vantaggio di interventi formativi rivolti al personale dipendente di imprese non dotate di centro di formazione interna. Sinceramente non comprendiamo perché penalizzare aziende strutturate che potrebbero aver comunque bisogno di un contributo specialistico in attività formative che non costituiscono il core-business aziendale.

Complessivamente, in conclusione, si plaude allo sforzo di mettere ordine in un settore che necessita di interventi che travalichino le possibilità affidate ad una circolare, e che, con tutta evidenza, necessita, per motivazioni più volte riprese dalla scrivente Associazione, di un intervento legislativo che disciplini compiutamente la tematica.

Articolo a cura di Roberto Nicoletti, Presidente Federformazione


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