La Formazione è un diritto soggettivo.
Lo diciamo noi, da tempo, e lo si dice anche al Connext di Milano, in un convegno organizzato da Fondimpresa dal titolo affascinate in tempi di stagnazione economica: “Formare per innovare. Innovare per formare“.
Se la formazione è un diritto soggettivo allora sarebbe utile ripensare alcune delle regole che governano i fondi interprofessionali, e magari anche il paradigma dell’aula, che oggi in un contesto d’innovazione appare superato in favore di nuove forme di apprendimento.
La formazione come diritto soggettivo non è una novità in Europa, e non lo è nemmeno in Italia.
L’ultimo contratto dei metalmeccanici firmato nel 2017 ne introduce il principio normandone ambiti e applicazioni (CCNL 26 novembre 2016: Formazione continua – Art. 7, Sezione Quarta, Titolo VI) e riconoscendo alle attività formative un ruolo centrale nelle strategie di sviluppo delle aziende e di crescita dei lavoratori.
E se la formazione è un diritto soggettivo allora va ripensato il sistema degli aiuti di Stato, il de minimis che gli operatori conoscono molto bene, considerando che i lavoratori oggi restano nella stessa azienda in media per poco più due anni.
Sullo sfondo il tema, a noi molto caro, della necessità di ripensare il sistema della formazione continua allargandone la platea e soprattutto introducendo meccanismi che diano la piena capacità di scelta all’individuo.
In questo senso il conto personale di attività francese sembra un’opzione praticabile anche in Italia, nonostante le forti differenze dei contesti locali e la scarsa capacità di integrare il sistema nazionale con quelli regionali. Una soluzione che rilancia il concetto della formazione come leva strategica per la crescita del sistema Paese e come politica attiva per il lavoro in senso ampio.
Un concetto che ciclicamente in Italia tende a venire meno, vedasi reddito di cittadinanza e patto per la formazione…..
Diego Castagno
Presidente Federformazione