Definizione ed esempi celebri
Numerosi sono gli esempi di mentoring che possono essere riscontrati all’interno del mondo del cinema: il Professor Dumbledore con Harry Potter, Saul Berenson con Carrie Mathison (Homeland), Morpheus con Neo (Matrix), Ser Jorah Mormont con Daenerys Targaryen (Game of Thrones) e via discorrendo… sono classiche relazioni in cui il mentor vuole il successo del mentee.
Ma prima di addentrarci nella nostra disamina, vediamo subito il significato di mentoring e qual è il suo scopo.
“Lo scopo del mentoring è di supportare ed incoraggiare le persone nel gestire il loro apprendimento al fine di massimizzare il loro potenziale, sviluppare le loro skills, migliorare le loro performance, diventare le persone che vogliono essere”, Eric Parlsoe
Quindi il mentoring nella tradizione è una relazione in cui una persona più esperta si prende l’incarico di accompagnare una meno esperta in una fase di sviluppo personale e professionale.
Caratteristiche del mentoring
Ma come si sviluppa e si caratterizza una relazione di mentoring rispetto alle altre forme di insegnamento?
A partire dall’Europa si è, ormai, sviluppato un modello di mentoring moderno che ha superato la forma di sponsorship più tipica del mondo americano, in cui il mentore esperto serve più che altro ad aprire porte altrimenti irraggiungibili. Oggi il mentoring integra il tema dell’ampliamento del network personale, ma pone come obiettivo al centro della relazione l’accrescimento del mentee attraverso una evoluzione nella conoscenza e nel modo di pensare.
David Clutterback nel suo libro “Everyone needs a mentor” lo rappresenta bene definendolo “developmental mentoring”.
Ma allora come distinguiamo un mentore da un coach, un tutor, un trainer, un counselor o più semplicemente un manager?
Il mentore dovrebbe essere la persona esperta che supporta il meno esperto a chiarire i suoi obiettivi, focalizzarsi su chi vuole diventare e grazie al confronto con l’esperienza vissuta e le competenze maturate trovare la rotta giusta per diventarlo.
Insomma il lavoro è tutto in carico al mentee che deve essere proattivo e motivato ad imparare e fare suo un approccio di lifelong learning.
Ma che succede se il mentee è una persona più timida e insicura ?
Ebbene ecco che allora il nuovo mentor dovrà assumere il ruolo di timoniere della relazione. Intendiamo cioè che dovrà avere la capacità di muoversi attraverso le tipologie di apprendimento/insegnamento a seconda della necessità del mentee . Saprà adattarsi alla situazione essendo mentor, coach, tutor, networker, guida a seconda della necessità del momento. Lo svariare all’interno di queste dimensioni renderà il suo stile più o meno didattico e più o meno rafforzativo del talento del mentee.
Il mentoring moderno e la bidirezionalità
In questa moderna visione del mentoring moderno si va anche superando la classica rigida relazione univoca senior – junior verso una relazione più fluida di apprendimento reciproco e scambio di competenze che fornirà anche al mentor l’occasione di mettersi alla prova, approfondire e incrementare le sue stesse conoscenze. Oppure a giovani brillanti di essere Mentor.
“Impariamo camminando in avanti, se smettiamo di procedere, smettiamo di apprendere e se smettiamo di apprendere non andiamo avanti”, Seth Godin
Il mondo del lavoro per la prima volta vede la presenza contemporanea di 5 generazioni che sono un bacino di competenze inestimabile, se ben utilizzato.
Organizzare un programma di mentoring in cui mettere a confronto le figure senior, dal quoziente emotivo più alto, con figure junior, con un elevato quoziente digital e tech, porta beneficio ad entrambi e servirebbe a cambiare le persone senza doverle sostituire.
Al riguardo possiamo utilizzare la seguente formula:
EQ* + DQ* = WORKER 4.0, dove EQ è il quoziente emotivo e DQ il quoziente digitale.
Conclusioni
L’importanza di avere un mentore per un massimo sviluppo del proprio potenziale è stata riconosciuta anche da personaggi di grande talento e successo.
È indubbio che un processo di questo genere per essere efficace debba essere formale, non spontaneo tra due conoscenti. In altre parole, progettato, strutturato e monitorato in un percorso che deve essere focalizzato sulla meta finale, ovvero l’accrescimento delle skills di tutti i partecipanti. Non è raro, però, che alla fine di un percorso efficace, la relazione tra mentor e mentee si trasformi in un rapporto speciale di amicizia.
Per avere un impatto anche sociale, il mentoring deve coinvolgere un numero sempre più ampio di persone, in modo da svolgere il ruolo di strumento chiave della formazione, ma anche della trasformazione continua degli individui, fattore di successo in un mondo in sempre più rapida evoluzione.
Liana Astrologo
Co-founder Be My Mentor